Lo spazio pubblico segnato dai divieti. >> Ovvero come su di una panchina si può consumare la guerra ai poveri e al tempo da dedicare al pensiero e alle relazioni.

SABATO 16 MAGGIO – Esposta – Via interrato dell’acqua morta, 13/b – Verona

Divieti. Dalle poltrone del potere chi governa non ha altra risposta alla crescente precarietà delle nostre vite. E mentre la crisi mostra a tutti il corpo nudo di un sistema sociale fondato sulla rapina, chi amministra lo spazio pubblico cerca fantasmi e capri espiatori, sempre fra i più deboli. Costruisce paure, chiede sicurezza, offre false soluzioni in forma di divieti. Sradica panchine dalle piazze, oppure le fabbrica in nuovi modelli, con barre che le attraversano uguali ai muri che vorrebbe per dividere, per rinchiudere tutto ciò che non è omologato a sé.
Le panchine, un simbolo. Un piccolo oggetto di arredo urbano diventa il segno di uno spazio pubblico che si vuole svuotato, palcoscenico per spettacoli inutili invece che luogo di scambio, opportunità di relazione. Ma una semplice panchina conosce storie che nessuna ordinanza può vietare. Parole, incontri, viaggi, solitudini, povertà, passioni. Su una panchina, tra l’altro, è possibile sdraiarsi al sole e fermarsi a leggere un libro. Tra l’altro.


"La città come luogo politico"
Chiara Zamboni (Università di Verona, esponente della comunità filosofica Diotima)


"Sosta vietata"

Stefano Maffei (Politecnico di Milano, autore di “Panchina-Bench”, Eleuthera, 2002)


"Vivere la città come tessitura di relazioni"

Donatella Franchi (Artista bolognese che associa la pratica artistica alla pratica politica delle relazioni. Ha organizzato incontri sull’arte facendo riferimento al pensiero della differenza)

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