LA VITTIMA. Francesca Ambrosi, 30 anni, racconta quanto accaduto in via Alighieri sabato notte mentre festeggiava il compleanno di un amico
«Ho temuto di far la fine di Nicola»
La ragazza colpita con un posacenere: «Prima i cori nazisti, poi il pestaggio. Sembravano impazziti»
L’ARENA Venerdì 09 Gennaio 2009 Giampaolo Chavan
«Continuo a pensare che mi è andata bene perchè i miei aggressori hanno usato le stesse dinamiche già utilizzate per l’omicidio di Nicola Tommasoli».
La veronese Francesca Ambrosi, 30 anni, a cinque giorni dall’aggressione non si è fatta certo prendere dalla disperazione o, peggio ancora, dal panico. Quel colpo in faccia ricevuto da uno degli aggressori sabato notte con tanto di posacenere non ha spento la sua voglia di capire cosa le è successo. Continua a riflettere su quella violenza subita, lei insieme agli amici presenti sabato sera e forte della sua laurea in filosofia e di tanti impegni e lavori nel sociale, sempre precari, cerca una via d’uscita a quel dolore a quella paura capitatele la notte di domenica in via Alighieri a due passi da piazza Viviani, vicino al Caffè Posta. Non si arrende a quel colpo, non vuole soggiacere a quelle logiche di violenza con una semplice alzata di spalle. Ne parla, rivela la sua ansia, spiega le sue sensazioni e non offende mai i suoi aggressori. Chiede solo giustizia. La più rapida possibile. E ripercorre le tappe del suo calvario senza tentennamenti. Lo vuole fare perchè non vuole che succeda mai più un fatto del genere a Verona, la sua città.
Allora, Francesca, come è iniziato l’aggressione sabato notte?
«Ci trovavamo nel bar di piazza Viviani. Ci eravamo recati in quel locale per festeggiare il compleanno di una nostra amica quando sono arrivati loro…»
Si riferisce ai tifosi dell’Hellas?
«I fan della curva? Questo lo dice lei non certo io. O almeno io quella quindicina di giovani non li ho riconosciuti come tali».
Si parla di cori da stadio?
«È vero hanno iniziato a cantare slogan ma non erano cori da stadio».
E cosa cantavano allora?
«Cori razzisti e nazisti e, addirittura, canzoni che inneggiavano alla violenza sulle donne».
E la tua compagnia?
«Siamo stati zitti in un primo momento e siamo usciti dal bar mentre la nostra amica stava pagando il conto della serata».
E fuori dal bar cos’è successo?
«Sono usciti anche loro e hanno continuato a cantare quegli slogani indecenti e intollerabili, facendo anche il saluto nazista».
Avete reagito?
«Non ho reagito. Mi sono rivolto a loro insieme a un’amica e gli ho solo detto di smetterla di cantare».
Solo questo?
«Ho notato che erano solo uomini e allora ho aggiunto che ci doveva pur essere una ragione se erano tutti maschi».
Una provocazione, insomma?
«Macchè non volevo provocarli. Assolutamente. Ho solo fatto questa osservazione per farli capire che erano solo una compagnia di uomini perchè avevano certi atteggiamenti».
E loro hanno reagito?
«Sì con una frase volgare che, però, non voglio riferire. Poi sono tornata nel mio gruppo e un mio amico ha fatto un commento negativo ma non era nè offensivo nè volgare».
Ma è stato sufficiente per far scoppiare il putiferio?
«Esattamente. Uno degli aggressori ha dato dello stronzo al mio amico».
E lui?
«Ha detto solo che non aveva capito la prima lettera di quella parolaccia e tanto è bastato perchè in una quindicina iniziassero a pestarlo come delle furie umane».
Ha avuto paura?
«Ho reagito e ho solo detto che come al solito erano in dieci contro uno».
E uno di loro si è staccato dal gruppo…
«Sì, ha impugnato un posacenere e mi ha colpito all’occhio sinistro, facendomi cadere per terra».
Saprebbe riconoscerlo?
«Mi scusi, ma ci sono indagini in corso. Non posso risponderle».
E i suoi amici, l’hanno soccorsa?
«Non subito, ho iniziato ad urlare ma di me si sono accorti dopo alcuni attimi che non so quantificare..».
E il gruppo degli aggressori?
«Alcuni sono scappati a piede altri, invece, hanno camminato appena hanno visto arrivare una camionetta dei militari. E questo atteggiamento mi ha fatto pensare».
Perchè?
«Mi sembrava un atteggiamento studiato di gente che sapeva come comportarsi in certi momenti così delicati».
E i militari hanno fatto qualcosa?
«No, non sono intervenuti solo quando è arrivata la polizia hanno iniziato a cercare gli aggressori».
Adesso come sta?
«Oggi la dottoressa mi ha detto che non perdo la funzionalità dell’occhio».
E riesce a dormire la notte?
«Devo prendere le gocce e fisicamente ne risento ovviamente, mi sento mezza faccia addormentata».
Ha pensato a Tommasoli in questi giorni?
«Fare un paragone con lui mi sembra assolutamente irrispettoso viste le conseguenze».
Ha pensato a cosa può aver spinto quei giovani ad aggredire addirittura una giovane come lei con un posacenere?
«Parto da un presupposto: questi soggetti non riconoscono l’altro come portatore di differenze che siano di qualsiasi tipo».
E la conseguenza di questa intolleranza?
«Sono portati a distruggere chiunque non sia come loro».
C’entra anche l’atteggiamento delle istituzioni cittadine?
«Alla luce della condanna del sindaco Tosi (due mesi inflitti per la terza volta in appello due mesi fa per propaganda razzista ndr), ritengo che il primo cittadino deve essere esempio e portatore di valori come quella delle differenze. Altrimenti mi chiedo: che clima si può creare in città?».