CORPI A PERDERE | Porta Palio

Come arrivare a Porta Palio 

Ore 17.30 | Quante persone sono state rinchiuse in una caserma, in una questura, in un carcere, in una struttura psichiatrica da vive e ne sono uscite senza vita? Tavola rotonda con parenti e amici di alcune vittime della violenza delle istituzioni:

MARIA CIUFFI, mamma di Marcello Lonzi

http://marcellolonzi.noblogs.org/
http://www.ristretti.it/areestudio/disagio/lonzi/cronaca.htm
MARIA ELIANTONIO, mamma di Manuel Eliantonio
http://blog.libero.it/manuelEliantonio
LUCIA UVA, sorella di Giuseppe Uva
http://www.zic.it/giuseppe-uva-come-aldro-e-cucchi-stessi-depistaggi-stessa-omerta
GIUSEPPE TARALLO e VINCENZO SERRA, del Comitato verità e giustizia per Francesco Mastrogiovanni
http://www.giustiziaperfranco.it
COMITATO VERITÀ E GIUSTIZIA PER ALDO BIANZINO
http://veritaperaldo.noblogs.org
— FAMILIARI DI STEFANO FRAPPORTI
http://frapportistefano.blogspot.com
— PAOLO FORNACIARI – Comitato verità e giustizia per Genova
http://www.veritagiustizia.it/

Un’analisi pur approssimativa della cronaca di questi ultimi dieci anni mostra senza equivoci che le violenze praticate da dirigenti e agenti delle polizie si riproducono continuamente e con sempre maggiore frequenza e gravità. Dalle botte ai manifestanti contro il Global forum di Napoli nel 2001 alle violenze al G8 di Genova tre mesi dopo, fino ai pestaggi nelle carceri, per strada, nelle caserme, nei commissariati di Ps, nelle stazioni dei carabinieri, nelle postazioni delle polizie locali, e perfino in alcuni ospedali e infermerie. E ancora, alle violenze contro No Tav, No Dal Molin, No discariche, No Ponte e quanti dimostrano in piazza per lotte sindacali o per la casa. Le pratiche violente e la tortura sono un continuum che lega i comportamenti ormai abituali di una parte del personale delle polizie a quelli di caporali, capiufficio, cittadini "zelanti", giovinastri neofascisti e persino di qualche insegnante e operatore sociale convertito al compito di ausiliario dei rambisti delle polizie. Non si tratta di strani rigurgiti autoritari di un’effimera congiuntura, ma siamo di fronte all’esito prevedibile del successo del dominio liberista. Un dominio che non può e non vuole lasciare spazio a mediazioni e che deve imporre con la violenza le sue scelte: dalla iper-produttività per la massimizzazione ad oltranza dei profitti alla neo-schiavizzazione. È il livello microsociologico del frame della guerra che prevale sulla diplomazia, cioè sulla politica. Tutti sanno che i casi svelati sono solo una piccola parte di quanto avviene e che chi riesce a renderli noti fa molta fatica e spesso rischia in prima persona perché i carnefici si sentono impunibili e le vittime assolutamente prive di qualsiasi protezione. È possibile che tutto ciò rischi di trascinare la società intera verso una crisi drammatica. E saranno sempre i soliti a pagarne i costi.
Salvatore Palidda su "Il manifesto", 14 maggio 2010

Ore 20.30 | Rappresentazione teatrale: COME è MORTO STEFANO FRAPPORTI? teatro senza professionisti
Una ricostruzione della sera di martedì 21 luglio 2008, conclusasi con la morte nel carcere di Rovereto di Stefano “Cabana” Frapporti. Oltre lo spettacolo, una narrazione a voce alta delle lacune, delle contraddizioni, delle menzogne, delle omertà costruite per giustificare una vita stroncata. Un ragionamento con il pensiero e con il cuore. Perché così non si muoia mai più.

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