PARANOID CITY – Il falso mito della sicurezza

PARANOID CITY
Il falso mito della sicurezza

C’è chi pensa che il problema principale che abbiamo di fronte oggi si chiami sicurezza. C’è chi pensa che esistano intere categorie di persone (migranti, zingari, senzatetto, gay, lesbiche e trans, prostitute, attivisti di sinistra e dei centri sociali…) che, quotidianamente, attentano alla sicurezza dei cittadini perbene. C’è chi pensa che esista un’identità uniforme, “naturale”, da difendere. C’è chi pensa che il modo migliore per difendere la propria identità sia costringere il diverso a una completa assimilazione, correggerne le presunte cattive abitudini, oppure escluderlo: separarlo, ghettizzarlo, espellerlo, punirlo, rinchiuderlo.

Noi pensiamo che tutto questo sia vivere nella paranoia, in un mondo popolato da fantasmi che si trasformano in capri espiatori per tentare di placare, invano, l’insicurezza che governa le nostre vite. » chi governa le nostre vite che le rende insicure. Sono l’ideologia di un mercato senza freni e le pratiche di poteri che non ammettono di essere messi in discussione che creano precarietà, mancanza di sicurezza sul lavoro, frodi alimentari e finanziarie, speculazioni immobilari, distruzione dell’ambiente, crescita dell’inquinamento e dei rischi per la nostra salute.

Chi ci governa sperpera risorse preziose per produrre armi, promuove la guerra infinita nel nome della pace, criminalizza e reprime qualsiasi forma di dissenso, costruisce continue emergenze per potersi dotare di strumenti e poteri straordinari, al di fuori di ogni possibilità di controllo, per condurci a uno stato di eccezione permanente. Da qui vogliamo partire. Perchè le indecorose panchine di Tosi e i pittoreschi deliri dei sindaci portatori del virus dello sceriffo (di destra come di sinistra) significano molto di più di quello che pare a uno sguardo distratto. E non meritano, questi sì, alcuna tolleranza.

Dall’ambito locale a quello nazionale è un clichè da sempre: quello di un paese immune alle trasformazioni dei paradigmi di potere e alle loro conseguenti, violente ricadute nel quotidiano. Un “belpaese” che, vuoi per l’innato sentimentalismo della sua “brava gente”, vuoi per il solido impianto clientelare della sua politica, ha attraversato le fasi più oscure della storia con la leggerezza della commedia.

Colonialismo, fascismo, razzismo, stragismo e repressione dei movimenti… in Italia ogni eccesso viene ricondotto, nell’immaginario dominante, all’estemporaneità più leggera. Dove non si può negare si minimizza e, se questo Ë impossibile, si favoleggia. Ma quando anche la fantasia segna il passo, serve una messa in scena degna della migliore commedia all’italiana. Oggi, forse, siamo a questo punto. Come altrove nel mondo, anche qui spinte neoimperialiste, mutazioni autoritarie, liberalizzazioni a tutto campo hanno prodotto precarietà, esclusione, mercificazione dei servizi e via dicendo. Anche qui, per fortuna, nuove soggettività si sono però affermate e, con le loro scelte di vita e pratiche di lotta, hanno posto i termini per una reale trasformazione della società e un cambio di scenografia.

A fronte di tutto ciò però, qui è di scena un logoro siparietto, rabberciato e riesumato direttamente da una stagione precedente in cui il controllo della società faceva perno su istituzioni e dispositivi che sono ad oggi, se non scomparsi, decisamente superati nella funzionalità biopolitica. Intendiamoci, la commedia italiana rientra in uno schema globale di costruzione identitaria, nel conflitto permanente contemporaneo, ma ripropone (distinguendosi solo per la mancanza di originalità) la disumanizzazione e stigmatizzazione degli stereotipi storici del diverso da sè, agendo su vecchie fobie e in nome di dispositivi inattuali come la Famiglia, la Natura, la Normalità, la Localesità (“Veronesità”, nel nostro caso).

Un piano arretrato e astratto, ma non innocuo per la leva che esercita nell’attivare, legittimare e attualizzare pratiche di marginalizzazione e campagne d’odio sui territori, arrivando poi a ricondurle a un disegno strutturato che si fa Norma in nome della “sicurezza”. Il cittadino-vigilante, la bottegaia-luogotenente, l’ecclesiastico-censore sono invitati a prendere parte allo spettacolo: individuando, segnalando, facendo ronde, armandosi… perchè tutto sia vietato, salvo quanto Ë esplicitamente concesso, spiegato e ricondotto a chiare dinamiche di mercato e di potere.

This entry was posted in Brutti Caratteri 4. Bookmark the permalink.